From 01 November 2025
to 02 November 2025
Le Geografie dell’io

Una mostra che intreccia introspezione, spiritualità e rigore formale, trasformando l’astrazione in una mappa dell’anima

Un viaggio nell’astrazione e nella spiritualità attraverso forme, volumi e colori.

Nel suggestivo Castello del Monferrato si apre la grande antologica di Sergio Floriani, intitolata Geografie dell’io.

L’esposizione, curata da Emiliana Mongiat con testo critico di Elena Pontiggia, raccoglie oltre cento opere dell’artista gatticese, molte delle quali create appositamente per gli spazi espositivi del castello.

Frutto di quattordici mesi di lavoro, la mostra esplora la dimensione interiore e spirituale dell’uomo attraverso un linguaggio astratto, dove luce, materia e riflessione diventano strumenti di indagine dell’identità.

La prima sezione include opere come Lo stagno e Identità complessa, che segnano il passaggio dalle superfici specchianti alla scoperta dell’impronta digitale, fino alle quattro Porte nere che dominano il grande salone centrale.

Nella seconda parte il colore entra in scena come forza di trasformazione percettiva: emergono lavori come Columna exagona, Sillabario e Cerchi d’acqua, che restituiscono la tensione tra rigore formale e vibrazione emotiva.

Il percorso si conclude con una sala dedicata ai riflessi e alle trasparenze luminose ispirate al Lago d’Orta, dove il pensiero di Floriani si fa pura contemplazione del tempo e della materia.

L’artista

Sergio Floriani, artista e sperimentatore della materia, è nato nel 1948 a Grantorto, in provincia di Padova.

Dopo la formazione all’Accademia di Belle Arti di Venezia e gli studi in chimica all’Università, sviluppa una ricerca che unisce rigore tecnico e tensione spirituale.

Sin dagli esordi indaga la relazione tra materia e identità, concependo la superficie come luogo dove l’individuo imprime la propria traccia.

Elemento distintivo della sua poetica è l’impronta digitale, simbolo dell’unicità dell’essere e della sua presenza nel mondo.

Alterna pittura e scultura, impiegando materiali come acciaio corten, stagno, sabbia e carta giapponese, sempre in bilico tra astrazione e meditazione.

Tra le opere più emblematiche spicca La Porta della Legge, installazione sul Lago d’Orta che diventa soglia simbolica tra la dimensione terrena e quella interiore.

Il suo linguaggio, sospeso tra forma e spiritualità, si fonda sull’idea che ogni segno sia una mappa dell’io, un riflesso dell’essere nel tempo.